giovedì 1 settembre 2011

05 Una ricetta Pantah per buongustai

A cavallo degli anni ottanta la Ducati propone ai clienti un motore che, in fatto di affidabilità e prestazioni, unita ad una facilità di manutenzione e/o riparazione, ha avuto pochi altri eguali: è il Pantah, in tutte le cilindrate proposte dalla Casa (350-500-500-650 e750cc), come in tutte le "trasformazioni"più o meno corsaiole di questo propulsore. Ed è proprio di queste ultime che ci vogliamo occupare!
Il motore si prestava a diversi tipi di elaborazioni ma, per una più facile reperibilità di materiale, avevamo scelto queste due: una stradale da 705cc ed una pistaiola da 783cc.
Nel primo caso il punto di partenza era un carter motore  500 o 600cc, che hanno come caratteristica comune la corsa dell'albero motore di 58mm, alla quale abbinavamo due cilindri e pistoni con un alesaggio da 88mm.
Il materiale da utilizzare era il seguente: due alberi a cammes del Pantah 500, perchè avevano una fasatura molto spinta e due pistoni con rapporti di compressione piuttosto elevati, come quelli  normalmente montati sui modelli 750S/SS e tutta la serie F1, un radiatore olio supplementare e due PHM da 40mm.
Per questa trasformazione si dovevano raccordare al meglio i condotti di aspirazione, eliminando eventuali imperfezioni, il volano poteva essere alleggerito senza esagerare e l'impianto di scarico, oltre che obbligatoriamente  2 in 1, doveva senz'altro essere più aperto di quello di serie. Tutto il materiale di cui parliamo era allora reperibile presso Ezio o dai ricambisti Ducati, oppure nei vari mercatini specializzati.
L'aumento di potenza determinato da questa trasformazione era di circa 12cv, che già di per se erano un buon risultato. Ma si poteva fare di meglio!
Nel caso della preparazione del 783cc, il discorso si faceva più tecnico e presupponeva una conoscenza motoristica più estesa.
Il punto di partenza, come minimo, doveva essere un basamento da 650 oppure 750cc, e i motori che si potevano utilizzare erano diversi e andavano dalla Cagiva Alazzurra 650 (meglio se con frizione a secco) ai vari 750 S/SS, le F1 e le Elefant 650-750.
Alla corsa dell'albero motore di 61,5mm si abbinava un alesaggio da 90mm. Nelle testate si potevano alloggiare valvole di aspirazione con diam.di 41mm o addirittura 42,5, mentre allo scarico si arrivava a 37mm.
Varie fasature di alberi a cammes incrementavano anche il regime di rotazione fino a 11.500RPM, e la migliore prestazione si otteneva lucidando i vari condotti di aspirazione e scarico e alleggerendo tutti gli organi della distribuzione (bilancieri-pulegge...).
Era d'obbligo la lucidatura e la bilanciatura dell'albero motore e delle bielle, mentre il volano doveva essere sottoposto ad una  cura dimagrante radicale. L'alleggerimento degli altri organi interni al basamento era un capitolo a parte e, per motivi più che altro di costo, facoltativo. Come alternatore consigliavamo un modello racing di ridotte dimensioni che corrispondeva ad un minore assorbimento di potenza e candele Champion di grado piuttosto freddo.
L'alimentazione si affidava  a carburatori di grosso calibro quali i Dell'Orto PHM da 40-41-42.5mm, oppure i Keihin da 41 con valvola piatta. La nostra esperienza ci diceva che con i Dell'Orto si guadagnavano alcune centinaia di giri in più, anche se la carburazione risultava più difficile da tarare.
Pe il montagio del radiatore olio supplementare si partiva sempre dall'uscita del bulbo di pressione posto a fianco del cilindro orizzontale e si ritornava o attraverso il coperchietto dei cuscinetti degli alberi a cammes sulla testata, oppure direttamente nel carter, usando tubazioni apposite di tipo aeronautico.
La potenza che poteva esprimere quest'ultima preparazione era di circa 85cv alla ruota, sufficiente a dare del filo da torcere anche a moto più potenti, ma che risultavano più pesanti a tutti gli effetti.
Se poi consideriamo il tutto in una ciclistica con soluzioni tecniche evolute...
...ma di questo parleremo un'altra volta.

1 commento:

  1. Vedo solo ora , nel 2018 questo articolo , ho passato pure io questo periodo dove da un Pantah si cercava di spremere il massimo , mi sono accontentato del primo stadio di 805cc e con orgoglio posso dire che questa moto mi ha sempre soddisfatto anche nel confronto con le piu moderne sucessive Jap. Poi è arrivato l'851 , un bel telo sul glorioso Pantah e nuovamente sulla nuova , fino a trasformare pure questa in 926cc . grazie per il tuffo nel passato . Paolo Bison

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